L’appartenenza alla sopravvivenza

La scena è scarna. Una griglia di tubi da cantiere sospesi su un cielo basso e cupo, che suggeriscono un sottoscala, un sottotetto, un comunque “stare sotto”, e qui ci sarebbe piaciuto moltissimo che il nome dello scenografo fosse stato inserito nella locandina. Da indagini accurate è stato stabilito che si tratta della talentuosa Daniela Gardinazzi.

Gigio Alberti, Mario Sala e Alessandro Tedeschi sono i tre interpreti del Guardiano, forse uno dei testi più rappresentativi di Harold Pinter. “The Caretaker” è un’opera  che Pinter ha scritto nel 1959. In un angolo dimenticato di un palazzo del west end londinese convivono due fratelli. Uno di essi Aston, di notte ospita il disadattato Davies e gli propone di dormire da lui. L’indomani arriva  Mick, che introduce le nuove regole del gioco, che potrebbe intitolarsi “A CHE GIOCO GIOCHIAMO?”. Gli equilibri sono tutti nuovi, scopriamo che Aston è stato internato in un ospedale psichiatrico e sottoposto ad elettroshock. Ma chi dei tre è quello sano, ben inserito, perfettamente nel presente? La tensione tipica di Pinter è palpabile in ogni istante e il pubblico, anche quando non accade nulla, si domanda: cosa sta succedendo?

Alla regia di Lorenzo Loris è stato riconosciuto il premio della Critica 2011, e noi umilmente ed effettivamente riconosciamo un’accenno di riscrittura da parte di quel regista/autore la cui latitanza è stata su queste pagine tanto deprecata e il suo avvento così fortemente invocato. La scena è trasposta da Londra a Milano, e questo potrebbe non bastare, così il regista sceglie più che il degrado il distacco del capoluogo lombardo, dove sembra che sia anzitempo domenica pomeriggio e che nessuno la abiti o voglia parteciparvi.

Lo spettacolo ha due grandi forze, ma forse ben più di due. Tra quelle evidenti la dimostrazione della duttilità attoriale di Alberti: anche lo scorso anno fu uno spettacolo con la sua presenza scenica a chiudere la rassegna teatrale sassarese. Chi riconoscerebbe ora l’elegante mercante di quadri (lo spettacolo era ART di Yasmine Reza con Alessio Boni e Alessandro Haber) dall’umiliato e umiliante personaggio Pinteriano? Gigio Alberti è biascicante, claudicante e ingobbito quanto basta per rendere il derelitto Davies un personaggio macchiettistico erede del magro e squallido Pantalone della Commedia dell’Arte. Ma ciò che lo rende speciale sono accenni di quella che oseremmo definire “spavalderia difensiva”, un modo di attaccare il prossimo per paura e un modo di fuggire che ci intenerisce. Il suo Davies è figlio degli albori della carriera del bravo attore – non ce ne voglia – quando nel 1988 interpretava Aziz in tv per ZanziBar, stereotipo dell’immigrato pakistano che indagava, ancor più che cercarlo e trovarlo, il suo posto nel mondo.

Chissà se quando Gigio Alberti era Aziz gli sarà mai capitato di pensare che quel personaggio un giorno gli sarebbe stato utile per interpretare un testo di un premio Nobel per la letteratura.

 

Luca Losito

 

 

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