A Sassari e dintorni circolava gente toga già dal neolitico. Essendo in quell’epoca le pietre una recente invenzione, i Sassaresi cominciarono a capirne il funzionamento – e dunque a lanciarsele contro – solo a partire dal primo medioevo. Chi veniva colpito era obbligato a lasciare i preziosi insediamenti portuali della colonia romana di Turris Lybisonis e a rifugiarsi a Pozzu di Bidda. La cosa a molti non dispiacque perché sulle coste portotorresi arrivavano spesso i vandali nordici e i pirati saraceni, che anziché giocare a far rimbalzare le pietre neolitiche di forma piatta sulla riva, lanciavano le teste mozzate dei sardi. Ma esse non rimbalzavano granché. Anni dopo la vendetta fu tremenda ed ecco perché sulla bandiera sarda campeggiano quattro mori decapitati.

Sulla bandiera della città di Sassari sono invece rappresentate due torri, due cavalli, due croci e due frasche. Queste ultime sono le vecchie insegne del vindioru, l’evoluzione prepotentemente alcolica della modesta taverna medievale. Alcuni reperti storici perfettamente funzionanti sono ancora visibili vagabondando nel centro storico. Secondo cronache di parte le torri e i cavalli stanno invece a significare l’alternanza tra il gioco (la torre e i cavalli degli scacchi) e l’arrostita della tipica carne di cavallo su una graticola di materiale ferroso a forma torreggiante. Ma l’eccesso dei due vizi porta ad un necessario intervento di un’ambulanza, ed ecco spiegato il perché della croce. Contesa tra le repubbliche marinare, Sassari decise di costruire le proprie mura intorno al 1200. Fiorente negli anni successivi l’arrivo continuo di turisti pisani e genovesi. Quando poi arrivarono gli aragonesi, gli stessi decisero di costruire un castello dentro la città per proteggersi dai sassaresi che a tutti i costi volevano pagare da bere. C’è da considerare che il popolo iberico all’epoca non aveva ancora inventato neanche la sangrìa. Un giorno Felipe Querqui, (una ex virago aragonese sfigurata dal vaiolo ma abbellita dalla sifilide, e che aveva perso i testicoli durante una battuta di caccia al cinghiale), accettò di bere dallo stesso bicchiere di alcuni notabili turritani che avevano abitudini assai libertine senza distinzione di sesso, razza o religione; fu così che si diffuserò pestilenze e la popolazione fu decimata sino ad arrivare ai minimi storici nel 1700. Corruzione e banditismo contribuirono e creare un clima fastidioso e teso, tanto che la gente non usciva più di casa neanche per fare i bisogni. Il pabirottu col materiale fecale veniva gettato direttamente da una feritoia al grido di battaglia “DaSòttuuu!”, di facile interpretazione etimologica.

Per un breve periodo arrivarono gli elegantissimi austriaci dagli stivali bianchi, che però mal tolleravano di scostare i suddetti involucri maleodoranti mentre pattugliavano i vicoli della città vecchia. Fu così che Sassari fu dominata dai Savoia, i quali, abituati all’olezzo che emanavano dalle proprie vesti regali, consideravano i pabirotti al pari di profumi francesi dei primi dell’800. Il fatto è che erano proprio i primi dell’800 mentre cominciano gli scontri tra chiesa, conservatori, retrogradi, democristiani e nichilisti. Una lotta intestina, insomma.

Ma poi arrivarono anche i repubblicani e altre forze democratiche che contribuirono a fare confusione. La confusione sparì, insieme a tante altre cose, quando fu fondato il partito socialista.

Sassari ha un’Università storica, la cui sede centrale sta a Culleziu, dono di Alessio Fontana ai gesuiti. Per ringraziarlo i sassaresi gli hanno dedicato una via praticamente introvabile. Molto più facile invece trovare vicolo Tony Del Drò, l’ultimo a destra scendendo al Corso Vittorio Emanuele, autore indimenticato (Tony, non Vittorio nè tantomeno Emanuele) dell’inno di tutta la città: “la mirinzana in forru” testo che oltre a celebrare la verdura contiene la ricetta stessa in guisa di preparazione alimentare e le controindicazioni dovute all’eccesso di peperoncino.

La squadra della città di Sassari è la Torres. Ma troppi non lo sanno. Di questo i cagliaritani sono invidiosi e in tempi recenti si è sfiorata una guerra civile di non grave entità.

A Sassari c’è sia la Banca di Sassari che il Banco di Sardegna. Quest’ultima ha una fondazione che tiene in piedi mezza economia di tutto il territorio e in futuro ha affermato di voler investire sull’editoria on line.

Sassari oggi ha un sindaco benvoluto, assessori illuminati e giornalisti liberi. Qui è nata Elisabetta Canalis. Inoltre la città possiede una fiorente zona industriale occupata da moltissime attività cinesi. La zona ha un certo fascino, specie di notte. Vista dalla strada statale 131 sembra la periferia di Tokio. Di questo i cinesi non vanno orgogliosi. I protettori nigeriani parrebbe di sì. Il 14 agosto scendono i Candelieri e la Brigata Sassari ci protegge e veglia sul nostro sonno. Fortza Paris!

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