A Sassari il mare non c’è.
Non so come non sia potuto venire in mente ai suoi padri fondatori, che sarebbe bastato spostarsi dieci chilometri più in là per regalare a questa città un’aria più fresca, un orizzonte più suggestivo e un futuro più turistico, salmastro e portuale.
Invece a Sassari il mare non c’è. Sta lì, a cinque minuti di macchina, venti di motorino, trenta di motocarrozzella.
Il mare a Sassari ti accarezza in forma gassosa; è un’aria, un’intuizione, un’idea che sfiora le narici per un attimo, facendole eccitare per poi scomparire nell’oblio delle sinapsi. E’ la pagina dell’intimo del catalogo postalmarket, fatta di tante belle premesse che si concludevano regolarmente con un nulla di fatto.
A Sassari il mare non c’è. Ma c’è tutto il resto. Ci sono i gabbiani, il caldo soffocante, le cicale che cantano, le birrette fresche servite nei bar con una salvietta legata intorno al collo, per pulirlo prima di berle “al bacio”, dalla bottiglia.
A Sassari c’è tutto, tranne il mare.
Quello che “ci vorrebbe”, per Masini, “con le sue tempeste, che battesse ancora forte sulle tue finestre”.
Abbiamo però tutto il resto.
E facciamo finta che il mare non ci manchi; perchè il mare, l’ho già detto, è un’intuizione, un’idea.
Basta avere un po’ di spirito d’iniziativa, di voglia di arrangiarsi.
Come sulle pagine di Postalmarket.
Basta inventarselo, il mare.

Michele Vargiu

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