Da qui – che è un posto mica da ridere – si vede il mare.
Solo che il mare a me non mi vede. Sto nascosto.
Non che c’entri nulla ma mi pareva un inizio carino.

Ho fatto un sogno (non c’è copyright, vero?) e in quel sogno facevo un sogno.
Ero a Sassari. E mi chiedevo che minchia ci stessi facendo, visto che già quando non sogno al cubo, di solito, immagino posti molto molto belli o molto molto brutti.
Invece ero a Sassari. In una piazza che era una piazza piena di gente che era tutta proprio tanta gente.

Ero a Sassari. Una Sassari che non conosco.
Forse perché era un sogno in un sogno. O forse perché io, Sassari, la conosco poco anche da sveglio.

Però ci sono stato. Era un po’ triste e (non)molto grande e normalmente ho incontrato una puttana. Cioè: non che fosse iscritta all’albo. Diciamo che aveva delle doti. Un talento naturale.

La incontrai lì, proprio lì, nel punto esatto in cui quella strada fa il gomito con l’altra.
No, non lì. Ecco, più in là.

Ci parlavo – con la puttana, non con la strada – e quando parlava lei si capiva che aveva qualcosa sullo stomaco.
Peperoni, a giudicare dall’odore.
Io però le volevo bene. Come ad una che non puzza.

Mi ricordo che avevamo molte cose in comune ma che il Comune era chiuso e quindi non saremmo riusciti a condividerle almeno fino a quando volendo o meno non avessi deciso di mettere una virgola o un punto. Punto.

Il punto lo mise lei, tra un sospiro ai peperoni ed uno sguardo basso di quelli che ti chiedi cosa mai ci sarà di così interessante in un marciapiede di una strada a gomito a Sassari.

Da quel giorno ho deciso che sarei tornato spesso, spessissimo, almeno fin quando non avesse riaperto il Comune.
Ed ovviamente tornai di rado.

Un po’ perché le piazze con la gente tanta mi danno un senso di stare a Berlino con Bonetti, un po’ perché da casa mia non passa un autobus che porti a Sassari senza scalo, un po’ perché quando sogno poi a volte capita mi svegli.

E quando mi sveglio ricordo solo quello che non è pericoloso, tipo le invasioni aliene, le gallette di riso e le metafore di Bersani.

Le cose che fanno male le lascio stare, mi nascondo. Come ora che guardo il mare mentre lui non mi vede.
Magari perché son nascosto bene.
Magari perché il mare, da Roma, lo vedo solo io.

Alessandro Galli

PS: Se dovessero esserci state citazioni riconducibili a – che so? – una canzone di – che so? – Lucio Dalla, beh, non è colpa mia. Sia chiaro.

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