La domanda che ci si pone prima che cominci il “Re Lear” di Shakespeare, portato in scena da Michele Placido a Sassari, è la seguente: a distanza di tanti anni è ancora attuale il tema trattato in questa tragedia? Visto lo spettacolo la risposta è assolutamente affermativa. Re Lear si spoglia del potere in favore delle figlie Goneril e Regan le quali, con l’artificio delle belle parole, riescono a conquistare il cuore del sovrano, dichiarandogli amore incondizionato. La terza figlia, Cordelia, la più giovane, la più amata, interrogata dal padre non usa, a sproposito, parole di affetto: essere figlia significa tutto, non sa mentire e il suo “Nulla, mio signore” scatenerà l’ira del padre che non saprà distinguere le bugie dall’affetto sincero. Cordelia verrà bandita e le due sorelle avranno campo libero per spartirsi il regno, avide di potere e irriconoscenti nei confronti del vecchio Re. Parallela alla storia principale segue il suo corso quella del Conte di Gloucester, tradito dal figlio illegittimo Edmund, affamato anch’esso di potere, cospira nei confronti del padre e del fratello Edgar, figlio preferito del Conte.

La brama di potere, la forza persuasiva delle parole, tutto questo ci dice qualcosa oggi? L’ambiguità morale dell’uomo del ventunesimo secolo è forse diversa da quella raccontata da Shakespeare? E Placido ci fa capire da subito che tra passato e presente niente è cambiato: sono le scene (Di forte impatto simbolico) e i costumi a farci intendere tutto questo, immagini di Osama Bin Laden, John Kennedy, Nelson Mandela all’interno di una grossa corona e poi aquile naziste, gomme d’auto, materiale di risulta, statue classiche…

Lo spettacolo si fa decisamente apprezzare grazie ad una buona regia (Dello stesso Placido e Francesco Manetti), che a volte esagerano nella ricerca di effetti visivi e sonori, e alla buona interpretazione di tutti gli attori, in particolare Francesco Bonomo e Giulio Forges Davanzati. Il primo un Edgar tormentato, capace di coinvolgere il pubblico nel suo percorso di rinascita ed avvicinamento al vecchio padre ormai cieco e disperato; il secondo grazie ad una grande presenza scenica e una notevole forza interpretativa restituisce al “suo” Edmund la complessità dei “grandi cattivi” delle opere del drammaturgo inglese; Gigi Angelillo, mai sopra le righe, sempre misurato, è un ottimo conte di Gloucester; le tre sorelle (Cordelia, Goneril e Regan) interpretate rispettivamente da Federica Vincenti, Marta Nuti e Maria Chiara Augenti, sono riuscite ad imprimere ai loro personaggi le diverse sfumature dei loro caratteri. Delude sicuramente il personaggio del Matto (Il buffone) interpretato da Brenno Placido, sminuito sia per la riscrittura che per la recitazione (Parla in rap). D’altronde la “vita” del Fool in questo dramma ha sempre avuto un percorso molto difficile: nel ‘600 e nel ‘700, nelle varie edizioni del testo e nei tanti adattamenti, veniva addirittura rimosso, per essere recuperato definitivamente nel diciannovesimo secolo.

Presente , passato, futuro… una rivisitazione riuscita perché del testo intramontabile di Shakespeare Michele Placido non fa assolutamente scempio. Qualcosa da dire? “Nulla, mio signore”.

Giovanni Loriga

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