Ma siamo davvero tutti pronti ad accettare la satira anche quando ci tocca personalmente?
Sgomento, indignazione, fastidio per la vignetta di Charlie Hebdo sul terremoto. E, si badi bene, non sui terremotati. La vignetta faceva riferimento ad un preciso modo di fare le cose all’italiota, tanto da ridurre i poveri abitanti a lasagne, tipica pasta italiana. Se c’è qualcuno che ritiene che quel disegno fosse un attacco alle vittime può astenersi dal dire che cosa è satira e cosa non lo è.
Tra l’ipocrisia di chi urla ERO CHARLIE ma non lo sono più, e l’onestà di chi sussurra NON LO SONO MAI STATO, c’è un fatto, sopra ogni cosa: la libertà, la possibilità, l’opportunità di affermare JE NE SUIS PAS CHARLIE dimostra, paradossalmente, che lo siamo eccome.
Perché essere Charlie vuol dire oggi non già condividere, amare, apprezzare (o il suo contrario) le vignette del settimanale, ma ribadire l’assoluta libertà di espressione care alla democrazia e alla laicità. Le vignette di Charlie Hebdo possono infatti benissimo non piacere ed essere criticate, ma il diritto alla loro pubblicazione deve essere difeso assolutamente.
Libertà di critica sì, libertà di offesa no – urla qualcuno. Sembra un sillogismo ma è un falso, una conclusione abusiva che nega la logica, oltre che la libertà. Chi decide che cosa è critica e che cosa è offesa? Il destinatario e la sua soggettiva percezione dell’offesa? Ma questa non è più libertà, è privilegio.
Se il criterio dell’offesa diventa il paradigma della libertà, a decidere sarà la suscettibilità del soggetto che ritiene essere destinatario di un’offesa. Ma è ancora una volta un falso, perché basterà proclamare un qualunque suscettibilità in nome di una scusa qualunque (che sia Dio, le vittime di una strage, un parente stretto) – magari minacciando rappresaglie – per mettere un bavaglio all’Arte.
Sì, La satira è una forma d’arte e non può essere sottoposta a censura. Perché il diritto di satira svanisce se dei suoi limiti diviene arbitro e giudice chi ritiene che quella satira sia abusiva. La satira informa, deforma e fa il cazzo che vuole – diceva Luttazzi. Ma forse non siamo pronti ad accettarlo quando ci riguarda in prima persona.

lasagne

Abbiamo troppe volte ripetuto che un giornalista deve assolutamente attenersi a principi quali la verità, la pertinenza e la continenza. Alla Satira, se vuole essere efficace, è sufficiente essere pertinente. Ma se volesse essere impertinente l’unico rischio che correrebbe è quello di apparire di cattivo gusto.
Gusto, parola interessante, ma che c’entra con le libertà collettive?
Mi spiego, posso fare una battuta satirica sull’altezza di Brunetta ma se lo facessi sulla sua calvizie sarei non pertinente. Resterebbe un’arte sterile, che può anche non piacere, ma il cui valore intrinseco – in quanto Opera dell’uomo di cui egli è artista – resta assoluto e inviolabile. E così il suo diritto di manifestarsi.
Niente di nuovo sotto il sole del Bel Paese… siamo tutti Charlie, ma solo se i morti sono degli altri.

Luca Losito

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